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Avventure di una mamma blogger


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Lecce tra “grammatica” ebraica e orecchiette

Nel cuore di Lecce, all’ombra di Santa Croce, è celato il Museo Ebraico della città, un contenitore culturale che finalmente si riappropria del suo contenuto, ovvero la sua memoria. Ci troviamo nell’antica Giudecca di Lecce, il quartiere che dal 1399 al 1541 ha ospitato una fiorente comunità ebraica che si riuniva attorno alla Sinagoga.

Della Sinagoga resta solo la porzione delle vasche, perché Carlo V, dopo la cacciata degli Ebrei, fece costruire la Basilica di Santa Croce, trasformando il volto di una città che fino a quel momento aveva accolto, integrandole diverse famiglie ebree dedite a varie attività commerciali, come la produzione di saponi, di formaggio e concia delle pelli.

Già gli Statuti di Maria d’Enghien del 1445 avevano pesantemente discriminato queste famiglie, imponendo loro di indossare un segno distintivo sul petto (un cerchietto rosso che anticipa il più tristemente noto segno imposto dai Nazisti nel secolo scorso) e riducendone la libera circolazione in città.

Così la Giudecca anche se inizialmente non nacque come “ghetto” di fatto lo diventò, fino a svuotarsi del tutto.

Nella foto di apertura è ritratta la Mezuzah, un piccolo rotolo di pergamena che riporta il versetto della Torah che tutti gli Ebrei ripongono in un astuccio che viene adagiato in un incavo allo stipite destro (fotografie qui sotto) della porta di ingresso e in diagonale, come ad indicare una direzione, che, probabilmente è prima di tutto una direzione interiore, lo Shemà Israel שְׁמַע יִשְׂרָאֵל “Ascolta Israele” (Dt 6,4).

Entrando nel Museo Ebraico di Lecce, sottoposto rispetto al manto stradale, si incontrano dapprima i miqweh, le vasche per purificarsi. Lavarsi prima della preghiera in sinagoga è un rituale obbligatorio dalla forte valenza spirituale. Bisogna immergersi totalmente, non basta bagnarsi appena. Le acque del fiume Idume che scorre sotterraneamente riempivano tali vasche, garantendo sempre acqua corrente, come era prescritto dalla Legge.

Ciò che invece rimane della Sinagoga che si trovava sopra le vasche è un’antica epigrafe quattrocentesca in eleganti caratteri ebraici, che riporta una parte del versetto di Genesi 28,17 “Non è questa la casa di Dio?” dalle parole di Giacobbe, che svegliatosi da un sogno eresse una stele nel luogo in cui aveva incontrato i Signore.

Tra gli oggetti custoditi nel museo, ad arricchirne la “grammatica”, ritroviamo alcuni utensili in argento dagli usi più svariati, come uno Yad per portare il segno sul rotolo della Scrittura (una bacchetta che termina con un indice in foto) ed una scatola da Besamim, cioè un porta spezie, che oggi farebbe la gioia di tutti i foodblogger, compresa chi vi scrive, sarebbe uno di quei props da foto food del giorno, per dire.

Fin qui la visita guidata mi aveva già incuriosita abbastanza, ma ad un certo punto trovarmi di fronte ad un pannello dedicato alla cucina ebraica mi ha del tutto affascinata. Cosa ho scoperto? Che probabilmente le nostre orecchiette, quelle tipiche della cucina pugliese e salentina sono state introdotte da ebrei provenzali che alla fine del Medio Evo si erano stabiliti nel Regno di Napoli.

A questo punto vi aspetterete un bel piatto di orecchiette ed i effetti oggi le ho preparate per pranzo, ma spero di non deludervi, dicendovi che il piatto di oggi è questa bella visita al Museo Ebraico di Lecce, che vi invito a fare di persona, perchè quello che vi ho raccontato io è solo un assaggio.

Buona estate!

P.s.

In corso la mostra dell’artista ADI KICHELMACHER, “Le tracce del treno della vita tra Arte e Documenti per non dimenticare”


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Orange campari pops per il club del 27

Con la ricetta di oggi torniamo al consueto appuntamento con Il club del 27 anche se, eccezionalmente, abbiamo deciso di pubblicare con due giorni di ritardo, per raggiungervi proprio tutti.

Con questa semplicissima ricetta apriamo anche la stagione estiva, vacanziera e spensierata.

Procuratevi del Campari e delle arance (o meglio del succo d’arancia), degli stampini per ghiaccioli, anche realizzati artigianalmente. In questo ultimo caso andranno bene anche dei bicchierelli, e, se siete sprovvisti degli stecchi di legno, siate creativi con ciò che trovate in casa (cannucce, cucchiaini o stuzzicadenti per aperitivi faranno al caso vostro).

La fantasia è la pazza di casa. cit

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Io approfitto dell’occasione per presentarvi il drago Roberto.

É un racconto brevissimo e poco riuscito , nato sotto l’ombrellone. Avrebbe dovuto realizzarlo mio figlio, ma poi indovinate come è andata a finire?

“Mamma, io vado a giocare in acqua, il racconto puoi scriverlo tu?”.

La ricetta la troverete dopo il racconto.

Buona Estate.

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Il drago Roberto, che in un tempo molto lontano

aveva sempre fatto bene il suo lavoro

di sputare fuoco,

un bel giorno si convertì,

ebbe rimorso per tutte le foreste che aveva devastato,

per le principesse che aveva rapito

e segregato nelle torri del paese di Focù,

per i bambini a cui aveva bruciato i giochi

e lasciato in ricordo tanto fumo negli occhi.

E così, satollo delle sue opere nefaste,

iniziò una CURA,

messa a punto su misura per lui

dalla fata Miranda.

La terapia, tutto sommato, non era così malvagia,

e consisteva nell’ingurgitare quotidianamente

tanti ghiaccioli quanti il suo pancione riusciva a contenere…

ma il drago Roberto non sapeva

quale sarebbe stato l’epilogo

di questa storia, e così, ghiacciolo dopo ghiacciolo,

il drago divenne sempre più piccolo,

sempre più impalpabile

e finì col diventare la decorazione

della collezione di porcellane giapponesi di Miranda.

Tutto sommato fu una buona morte per una vita così “infuocata”.

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Campari Orange Pops (ricetta tratta da Women’s Weekly Food)

-150 ml di Campari Mix

225 ml di succo d’arance

-85 g di sciroppo di zucchero

Per lo sciroppo:

-250 g di zucchero semolato

-250 g di acqua bollita

 

  1. Mescolate bene tutto, riempite i vostri stampini e congelate per una notte.
  2. Per fare lo sciroppo allo zucchero, unite in parti uguali acqua e zucchero e mescolate su fiamma bassa fino a quando lo zucchero si dissolverà.

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Il mio Hamburger di ceci e buns senza glutine per il Club del 27

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Può sembrare un paradosso, ma d’estate ho ancora più voglia di cucinare e usare forno e fornelli, che nelle altre stagioni.

Le ferie sono ancora lontane, ma un piccolo assaggio di mare e spiagge lo abbiamo già fatto e in ottima compagnia.

Il Club del 27 invece anche a Luglio è attivo e fecondo, come potete ben vedere. Attingendo dalla sfida n.49 del MTChallenge, io vi propongo gli hamburger di ceci delle sorelle Calugi, cui ho dovuto necessariamente abbinare dei buns senza glutine di mia invenzione, ma il resto è preso pari pari da loro, le mitiche curatrici del blog La cucina spontanea.

Per 2 buns senza glutine

80 g di farina senza glutine per pane

20 g di farina di ceci

3o g di farina di grano saraceno

sale qb

60 g di latte

3 g di lievito di birra fresco

10 g di burro

miele di acacia bio

semi di sesamo

1 uovo

Nonostante la difficoltà, ho realizzato i buns cambiando le farine,ma seguendo il procedimento descritto dai post delle sorelle Calugi e la ricetta di Arianna.

Sono risultati eccessivamente fragili per la presenza del grano saraceno, che vi consiglio di omettere.

Il resto è riportato di seguito.

Per la polpetta:

230g di ceci

1 scalogno piccolo

1 carota

½ gambo di sedano

1 cucchiaino di paprika

Per la marmellata di pomodori:

120g di pomodori oblunghi

30g di cipolla rossa

10g di zucchero di canna

1 cucchiaio di aceto

1 peperoncino piccolo

½ cm di zenzero fresco

200g di peperoni

8 fette di scamorza

Per gli anelli di cipolla fritti

4 cipolle medie

Farina di ceci

Farina 00

Olio di semi

Erbe aromatiche

Per i panini seguire la ricetta di Arianna riportata qui.

Per la marmellata di pomodori: lavate i pomodori e fateli a tocchetti. Tritate finemente la cipolla. In un pentolino fate soffriggere la cipolla, dopodiché aggiungete il pomodoro e fatelo appassire. Aggiungete lo zucchero, il peperoncino tritato e lo zenzero grattugiato. Aggiustate di sale.

Fate andare a fuoco medio, aggiungendo acqua se necessario, fino a quando il pomodoro non si sarà ammorbidito. Sfumate con l’aceto a fine cottura. Per avere una salsa più omogenea frullate il tutto con l’aiuto del minipimer.

Per la polpetta: tritate la carota, la cipolla ed il sedano e preparate un soffritto. Scaldate i ceci precotti in acqua leggermente salata. Scolateli e frullateli con il minipimer. Aggiungete alla purea di ceci il soffritto e mescolate bene. Aggiungete la paprika e il sale. Mescolate, dopodiché formate con l’aiuto di un coppa pasta le polpette. Infarinate le polpette con la farina.

Tagliate i peperoni a filetti e arrostiteli su una griglia ben calda. Una volta cotti, eliminate la buccia e conditeli con un filo d’olio e del sale.

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Credit Mai Esteve #quelgrangeniodellamai

Composizione del panino: In una padella antiaderente, cuocete la polpetta di ceci, stando attenti perché molto morbida. Tagliate il pane a metà, stendete la salsa di pomodoro, adagiateci i peperoni arrostiti, le fette di scamorza ed infine la polpetta.

Per gli anelli di cipolla fritti: In una ciotola preparate la pastella mescolando una parte di farina 00, una parte di farina di ceci, le erbe aromatiche e l’acqua minerale fino ad ottenere un composto liscio e non troppo liquido. Aggiustate di sale.

Tagliate la cipolla a fette spesse mezzo centimetro nel senso della lunghezza. Separate gli anelli prestando attenzione a romperli e passateli nella pastella. Scaldate in una padella in ferro abbondante olio di semi, quando sarà ben caldo immergete gli anelli di cipolla. Friggeteli fin quando non saranno belli dorati e traferiteli su della carta assorbente.

Salateli e servite caldi.


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Grissini senza glutine ai semi di sesamo e tahini per un’estate stuzzicante.

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La tahini è magica.

O comunque ha a che fare con i legami, nel bene e nel male.

Tempo fa, cioè lo scorso inverno, ne ho preparata un po’ in casa con dei buoni semi di sesamo. Oggi torna di nuovo sulla mia tavola estiva, per festeggiare i legami di famiglia, quelli che le distanze non separeranno mai. Non solo. Evidentemente la tahini è anche contagiosa, perché mentre realizzavo questi grissini senza glutine, ieri sera in terrazzo, avevo un pezzo della famiglia con gli occhi puntati addosso, incuriositi e piacevolmente coinvolti, tanto che hanno avuto la pazienza di aspettare le due infornate, non solo per poterli gustare, ma anche gioire con me del bel risultato e fotografarli in maniera eccellente!

Ringrazio Giusy – la mia cugina “sorella”- per l’entusiasmo come sempre coinvolgente e per la sua presenza immancabile ogni estate in mezzo a noi.

Grissini senza glutine home made

INGREDIENTI

  • 250 g di farina senza glutine
  • 125 ml di acqua tiepida
  • 1/2 cucchiaino di lievito di birra disidratato
  • 2 cucchiai di tahina**
  • 2 cucchiai di miele
  • 1 cucchiaio di olio di semi
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • semi di sesamo ErbaVita qb

*il procedimento è quello usato da Alice

Setacciate la farina, il lievito per torte salate e il sale in una ciotola.
Mettete l’acqua appena tiepida in una ciotola capiente, unite il lievito di birra, mescolate appena con una forchetta e fate riposare 10-15 minuti.
Unite la tahina, il miele e l’olio nella ciotola con l’acqua e amalgamate. Unite la farina a poco a poco, incorporandola con una forchetta e impastate per pochi minuti.
Mettete l’impasto in una ciotola pulita, unta d’olio, copritelo con pellicola a contatto e fate lievitare nel forno spento, appena tiepido, per circa 2 ore o fino al raddoppio del volume.
Trascorso questo tempo, stendete l’impasto su un piano leggermente infarinato, aiutandovi con un matterello, fino a formare un rettangolo di circa 20 x 20 cm.
Spennellate con acqua e cospargete con i semi di sesamo.
Tagliate i grissini (circa 1 cm di larghezza, quindi ne verranno una ventina) e disponeteli su una teglia foderata di carta da forno. Fate lievitare altri 15 minuti.
Cuocete a 170°C per circa 20-25 minuti.

**Come fare la tahini in casa qui.

Per altre ricette col sesamo vi propongo questo articolo.


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Zucchine alla menta e basilico

La zucchina è un ortaggio molto versatile, anche grazie alle sue proprietà. Originaria dell’America Centrale, fu introdotta in Italia nel ‘500, quando iniziò a comparire anche in alcuni dipinti dell’epoca, quali La fruttivendola di V. Campi del 1580.

Si tratta di una specie monoica, che produce cioè sia fiori maschili che femminili sulla stessa pianta. La zucchina ha un bassissimo contenuto calorico, con un buon livello di sodio e potassio.

Oggi, in occasione della GN delle Zucchine, vi propongo una ricetta molto semplice, di facile esecuzione e vi ricordo che sul Calendario del Cibo Italiano troverete materiale a sufficienza per scatenare le vostre fantasie cuciniere a base di questo ortaggio!!

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per 4 persone

800 g di zucchine

8 foglie di menta

2 foglie di basilico

farina di riso q.b.

olio di arachidi per friggere

sale

pepe

Spuntate le zucchine, lavatele e asciugatele, quindi tagliatele a fette e cospargete di sale fino, lasciandole riposare per 30 minuti. Riasciugatele, infarinatele e friggetele in olio bollente; appena le vedrete dorate, mettetele su una carta assorbente, poi sul piatto dove vorrete servirle, non prima di averle condite con del sale, pepe e un trito di menta e basilico.

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Il Pasticciotto per il The Recipe-tionist

Concerto Alba in Jazz – “Dimmi che non vuoi morire”

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E’ sempre questo, puntualmente e alle stesse latitudini, il periodo dell’anno in cui la nostalgia dell’Estate si fa più forte. Sarà che sono nata in una terra fatta per il sole, sarà che quest’anno, dopo trent’anni, ha pure nevicato, e pochi giorni bianchi hanno paralizzato molte persone, disabituate al freddo. La reazione è quella di lasciarmi cullare dal pensiero della mia terra – il Salento- durante l’Estate e la stagione balneare, quando solitamente le famiglie si ri-uniscono, gli emigrati rientrano per le vacanze estive, nonni rivedono nipoti, riabbracciano figli e via dicendo. Non tutti abbiamo avuto il coraggio di lasciare questa terra. Io no. Ad esempio. Certo, non posso non riconoscere le “lacune” che provocano disservizi e imbarazzano turisti o scoraggiano imprenditori. A volte penso che sia tutta una “messa in scena” a difesa di se stessa, che la mia terra mette in atto – come se ne avesse facoltà- per affermare la sua voglia di libertà, quella libertà di appartenere solo al mare e al cielo. Siete tutti invitati, sia chiaro, ma nolenti o volenti ci lascerete  pezzo di cuore…perciò abbiatene rispetto.

2016-02-20

Stamattina ho aperto la cucina con questi pensieri, ma sono anche entrata nella cucina di Patty dove ho trovato, gironzolando qua e là, la ricetta del pasticciotto leccese. Pensavo di partecipare ad un gioco, invece ho avuto un tuffo al cuore…si per gioco, lo è e si chiama The Recipe-tionist di Flavia del blog Cuocicucidici – ma ti apre un mondo, anzi ti apre le cucine dei più bravi food blogger d’Italia, provare per credere.

Prima di lasciarvi la ricetta, vi confesso che non c’è leccese che abbia mai preparato il pasticciotto in casa, perché si mangia in piedi al bar di rito, tutte le mattine davanti ad un caffè fumante, ma secondo voi era un’occasione da lasciarsi sfuggire?

INGREDIENTI PER 8 PASTICCIOTTI

Per la pasta frolla:

250 g di farina 00* (per me senza glutine)

125 g di strutto *

125 g di zucchero semolato

80 g uova

ammoniaca per dolci (la punta di un cucchiaino) *

La scorza di un limone bio grattugiata sottilmente.

Per la crema pasticciera:

500 ml di latte intero

4 tuorli

150 g di zucchero semolato

40 g di amido di mais

La scorza di un limone bio o una bacca di vaniglia

Per la lucidatura:

1 tuorlo sbattuto con un cucchiaio di latte

*ingredienti da verificare per la presenza di glutine e aiutarsi con della carta forno.

  • Per prima cosa preparate la crema che dovrà essere ben fredda per confezionare i Pasticciotti. Portate il latte ad ebollizione in una casseruola con fondo spesso, insieme alla scorza di limone o la vaniglia (a piacimento) quindi spegnete il fuoco e lasciate in infusione almeno 1 ora.
  • Sbattete bene le uova e lo zucchero miscelato alla farina fino a che non saranno pallide e gonfie. Rompete la crema con un paio di cucchiai del latte intiepidito ed mescolate con una forchetta. Accendete il fuoco sotto il latte e versatevi il composto di uova e zucchero quindi con una frusta, mantenendo la fiamma bassa, non smettete di mescolare. Quando la crema comincerà a sobbollire, controllate la densità preferita e spegnete senza superare i 3/4 minuti dall’inizio dell’ebollizione, per non rischiare di stracciarla. Una volta pronta, versatela velocemente in una ciotola di metallo. Appoggiate la ciotola in una ciotola più grande, dove avrete messo acqua e ghiaccio e cercate di raffreddare velocemente la crema mescolandola con la frusta. Quando sarà intiepidita, copritela con una pellicola trasparente a contatto, per evitare che si formi la “pellicina” e riponetela al fresco fino all’utilizzo.
  • Disponete la farina a fontana, mettendo al centro lo zucchero, lo strutto, le uova e gli aromi. Amalgamate tutti gli ingredienti con una forchetta senza intaccare la farina. Fatto questo, portate la farina sopra gli ingredienti umidi e lavorate il tutto velocemente cercando di non farlo riscaldare. Otterrete una pasta liscia ed omogenea. Fatela riposare in frigo almeno per un’ora o se preferite per tutta la notte (poi ricordatevi di toglierla almeno mezz’ora prima di lavorarla).
  • Imburra gli stampi per Pasticciotto e metteteli in frigo.
  • Su una spianatoia stendete con un matterello la pasta allo spessore di 3 o 4 mm.  Tagliatene dei pezzi sufficientemente grandi per riempire lo stampo e fuoriuscire dai bordi (vedi foto). Appiattite bene la pasta all’interno dello stampo quindi riempitelo con la crema fredda. Con un altro pezzetto di frolla, richiudete la crema e schiacciate la pasta lungo i bordi tagliandola delicatamente con le dita. Esercitate una pressione con le dita tutto intorno ai bordi e vedrete formarsi la caratteristica cupoletta.
  • Sbattete il tuorlo con il latte e spennellate bene il coperchio. Procedete alla stessa maniera fino alla fine degli ingredienti. Una volta pronti, mettete gli stampi in frigo per almeno mezz’ora, in modo da raffreddare ulteriormente la crema ed evitare che fuoriesca in cottura.
  • Mettete gli stampini in forno preriscaldato a 220°. La friabilità finale è data anche dalla cottura veloce ad alta temperatura. Dovranno cuocere dai 7 ai 10 minuti, dipende da forno a forno. Controllate il colore, che deve essere ambrato e lucido.
  • Una volta pronti, toglieteli e sformateli subito facendoli raffreddare su una griglia. Gustateli ancora tiepidi perché sono perfetti così!

Non prendete d’esempio i miei, che sono purtroppo senza glutine e son venuti malissimo (esteticamente) ma la ricetta di Patty, che salentina non è, è a prova di oriundo, ve lo assicuro. Il gioco non consente sostituzioni di ingredienti, se non solo uno. Per forza di cose io ho cambiato solo la farina, senza glutine, appunto.

Ps. Una crema pasticcera così buona non l’avevo mai assaggiata 😉

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Budino al cocco. L’estate continua.

In nature, nothing is perfect and everything is perfect.- A. Walker

Ricco di fosforo e potassio, ma anche calcio e ferro, il cocco fresco diventa una bella opportunità da un punto di vista nutrizionale…certo,pulirlo da sé è una bella fatica, ma sai che soddisfazione? Grattugiarlo, poi, non vi dico…armatevi di santa pazienza, perché ne varrà la pena. Ad ogni modo, vi lascio qui ingredienti e procedimento. Decidete voi se intraprendere questa divertente avventura!!!

Ingredienti per un budino al cocco fresco

(Ricetta adatta ai bambini e a chi non tollera il glutine)

3 uova

100 g di zucchero

100 g di noce di cocco grattugiata

30 g di amido di mais

500 ml di latte di soia

1 bustina di zucchero vanigliato

(15 zollette di zucchero + 3 cucchiai d’acqua per il caramello)

Scaldare latte e zucchero, zucchero vanigliato e noce di cocco. Raggiunta l’ebollizione, avendo mescolato di frequente, togliere dal fuoco. Lavorare amido e 1 uovo. Unire successivamente le altre uova e sbattere energicamente,aggiungendo il latte caldo un po’ alla volta.

Versare la crema in una ciotola, aspettare che si sia raffreddata. Il caramello (nel mio caso, nota dolente) si prepara a parte, sciogliendo le zollette con l’acqua in una casseruola. Versarlo in uno stampo da budino,rivestendone fondo e pareti. Unire, a questo punto, la crema, evitando che si creino bolle d’aria.

Cuocere a bagno maria, utilizzando una teglia a bordi alti, riempita d’acqua per 2/3. Sistemare il budino al centro, cuocendo per 20 minuti. Sfornare lo stampo, una volta chela crema si è rappresa. Trasferire in frigo, dopo averla fatta raffreddare.


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Di PIL e altri discorsi da spiaggia.

 

 

Se mi chiedessero quale sia stato il tormentone estivo di quest’anno, risponderei con un hashtag del tipo #mammacompralo …

a tre anni il mondo circostante, evidentemente, per il mio piccolo ometto, è solo prodotto da acquistare, per dirne una.

Trascorrendo diversi giorni al mare, le tentazioni sono tante, non ultimo il cocco “fresco”.

Ben altri sono invece i temi che gli adulti affrontano in spiaggia, ma sempre di natura economica…non che stia lì ad ascoltar discorsi altrui, ma nelle giornate più ventilate è complice il vento, si sa.

A quanto pare, anche quest’anno, è tutta colpa del PIL …sappiamo tutti a cosa serve,vero? Repetita juvant.

Il PIL misura la quantità di transizioni monetarie registrate in un Paese tralasciando parametri in nero, baratti e scambi nei settori informali e tutti i servizi di volontariato all’interno delle comunità e delle famiglie”.

Va da sé che la crescita costante del PIL rappresenti per un Paese crescita economica, ma, badate bene, solo di transizioni registrate…in una visione quantitativa di questo tipo sfugge tutto ciò che si può attribuire alle “qualità” della vita. Ma anche queste possono essere misurate. Lo sapevate? Esistono degli Indicatori del tipo Calvert-Henderson che ne misurano ben dodici, utilizzando coefficienti monetari solo dove appropriati.

Crescita spesso è un concetto associato a quello di Sviluppo, ma -da biologa- mi preme sottolineare che

lo sviluppo è una proprietà fondamentale della vita, pertanto il concetto di “sviluppo” dovrebbe superare

l’ambito prettamente economico

e abbracciare dimensioni sociali, ecologiche e spirituale.

Nel 2007  la conferenza “Beyond GDP” ovvero “Oltre il PIL” si fece carico di diffondere e favorire una crescita buona, a emissioni zero e riciclo continuo, perseguita da altre iniziative successive…

Quel che occorre è una transizione di valori, che deve partire a livello individuale, come si intravede su canali PBS e in serie televisive quali Ethical Markets…andrò presto a curiosare.

Non voglio tediarvi oltre, traete, se vi va, le vostre conclusioni, oppure andate al supermercato, acquistate un cocco  e aspettate il prossimo post, vi dirò cosa farne!!!

 

 

 


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Fragoline biologiche. Come non buttarne nulla con un infuso rinfrescante.

 

Avete la fortuna di raccogliere ancora le vostre fragoline dall’orto? O comunque potete procurarvene di biologiche, senza pesticidi? Allora sarà il caso di non buttarne nulla, neppure i peduncoli!

Letto su Food52 e provato personalmente, ecco un ottimo rimedio, semplice, veloce e originale, per consumare anche una parte delle fragole che purtroppo si scarta sempre.

Ora invece potete metterle in infusione in acqua, dopo un abbondante lavaggio col bicarbonato e lasciare riposare  in frigo almeno per un’ora.

La vostra acqua profumata alle fragole, una volta filtrata con un colino a maglie molto strette, sarà la bevanda più dissetante per l’estate torrida che si prospetta.


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Marmellata di zucchine,pane senza glutine e una canzone francese.

Vi lascio… una french song un po’ nostalgica ed una ricetta, anzi due in una…

In più le Linee guida per evitare spiacevoli sorprese nelle conserve preparate in casa.

Buona Estate,

un baciozzo e buona merenda 😉

Ingredienti per la marmellata di zucchine:

300 g di zucchine

1/2 mela verde

succo di 1 limone

130 g di zucchero semolato

50 g di acqua

1/2 cucchiaino di estratto bio di vaniglia

1/2 cucchiaino di cannella

Procedimento

Lavare e affettare la zucchina e la mela. Mettere i pezzi in pentola con poca acqua e lo zucchero. Cuocere su fuoco basso, rimestando con un cucchiaio di legno ogni tanto. Con un mixer ad immersione, ottenere dei pezzi più piccoli (ma dipende dal vostro gusto eseguire questo passaggio, io l’ho fatto).

Aggiungere la vaniglia, la cannella e il succo di limone. Occorreranno almeno 40′ per ottenere un primo rapprendimento, che sarà completo solo quando la conserva si sarà raffreddata del tutto. Versare la conserva in vasetti sterilizzati,tappare e capovolgere i vasetti, lasciandoli raffreddare a T ambiente.

N.B. Il MNS ha redatto delle linee guida in materia di sottoli e conserve che potete trovare in questo documento linee_guida_conserve_botulismo_def.pdf.

Ingredienti pane veloce senza glutine (8 forme)

250 g farina senza glutine (mix per pane)

100 ml di latte

100 ml di acqua

1/2 bustina di lievito istantaneo per torte salate*

5 g di sale fino

1/2 cucchiaino di zucchero

1o g di olio e.v.o. (per me Km 0)

 Unire sale e farina. Disporre a fontana e aggiungere lievito *senza glutine e zucchero, insieme a circa 1/3 dei liquidi. Dopo 10 minuti completare l’aggiunta dei liquidi, olio compreso. Ottenere un impasto soffice e lasciarlo a riposo altri 10 minuti. Successivamente trasferire sulla spianatoia e dividere in parti uguali, fino a otto. Farne delle piccole sfere, lavorando con le mani bagnate. Poi schiacciarle formando focacce. Prima cuocerle, far riposare altri 10 minuti.

Riscaldare una pentola antiaderente, ungerla con olio e cuocere pochi minuti su entrambi i lati.