Quando voglio bene a qualcuno, io cucino. Non importa se potrà sedersi alla stessa mia tavola, ma condividere una ricetta, soprattutto una ricetta per esigenze speciali, è già un punto di arrivo.
Quanto può essere mortificante non poter gustare un prodotto tipico di una tradizione locale per motivi legati ad intolleranze alimentari o a particolari condizioni che ne limitano l’assunzione? Solo chi ci passa attraverso, può saperlo. Noialtri possiamo solo immaginarlo.
Per questi e per tanti altri motivi stamattina mi sono chiusa in cucina, un po’ per non pensare, un po’ per pensare meglio e ho realizzato questi pasticciotti con una frolla senza glutine ed una crema al cocco senza lattosio e pochi zuccheri. Resta pur sempre un piccolo peccato di gola, ma davvero minuscolo, visto che gli stampi che avevo a disposizione erano proprio mignon.
D’altra parte, le cose buone andrebbero gustate a poco a poco, altrimenti se ne fa indigestione e si finisce per dare la colpa a chi colpa non ha.
La mia ricetta è adattata a quella galatinese per ovvi motivi, ma la bontà di questi pasticciotti è indiscutibile, come la loro bruttezza 😉
Pasticciotti senza glutine al cocco
Ingredienti per 5 pasticciotti piccoli
per la frolla senza glutine
135 g di mix senza glutine
65 g di zucchero semolato
buccia di mezzo limone
90 g di burro (tradizionalmente strutto)
1 tuorlo (tenete da parte gli albumi)
zucchero a velo per servire
crema a cocco (quantità abbondante)
200 ml di latte di cocco
1 tuorlo
3 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di farona di cocco
buccia di mezzo limone
Lavorate velocemente gli ingredienti per la frolla e fatela riposare mezz’ora in frigo. La frolla senza glutine è più appiccicosa, se non siete abituati dovrete usare dei guanti e un po’ di pazienza in più.
In un pentolino, su fiamma bassa, lavorate il tuorlo con lo zucchero, poi versate il latte di cocco, la buccia di limone e poco a poco anche la farina di cocco, che farà addensare la crema. Lavorate almeno dieci minuti, senza far attaccare la crema al fondo. Prima di utilizzare la crema nel ripieno, lasciate intiepidire.
Foderate gli stampi con carta da forno, stendete i pezzi di frolla e accomodateli delicatamente negli stampi (è possibile che la frolla si strappi ma potrete ricomporla una volta messa nello stampo).
Forate il fondo coi rebbi di una forchetta e farcite con un po’ di crema. Ricoprite con un altro strato di frolla, facendo coincidere i margini superiore ed inferiore.
Spennellate la superficie dei pasticciotti ancora crudi con l’albume messo da parte ed infornate a 180 °C per circa 25 minuti.
Servite con dello zucchero a velo e scaglie di cocco essiccato.
C’è chi giura che raccogliere i capperi sia di un rilassante che noi umani non possiamo capire, e poi c’è chi ne mangerebbe tantissimi (e magari senza averli dovuti raccogliere).
Poi c’è chi li preferisce in salamoia e chi sottaceto.
E voi, come li preferite?
Così piccoli ma così preziosi per non essere conosciuti abbastanza! Lo sapevate, ad esempio, che sono ricchi in fibre, e che gli antichi Greci li usavano come medicinale?
La pianta del cappero è antichissima e spontanea, catalogata come casmofita, cioè capace di abitare luoghi molto ristretti, come le fessure delle rocce.
E infatti, prima che fosse estesa la sua coltura, spesso i suoi semi venivano soffiati all’interno di fessurazioni delle mura urbiche con delle cannule. Perciò, se vi stavate chiedendo come fa il cappero ad arrivare sulle mura cittadine, ora lo sapete 🙂
Cosa ci fanno i capperi dentro le mie madeleines, invece, ve lo racconto nella ricetta.
A proposito, le medeleines, che sono solitamente dolci e tipiche della Francia, hanno questo nome proprio in onore a colei che, secondo la tradizione, evangelizzò questa Nazione, Maria Maddalena e sono cotte dentro uno stampo a forma di conchiglia proprio a simboleggiare il pellegrinaggio a causa del Vangelo.
La mia versione è gluten free, per esigenze di famiglia, come saprete.
Ora vi lascio agli ingredienti di questa versione salata.
Conoscevo l’Associazione da quando ha iniziato a muovere i primi passi e speravo di poter un giorno contribuire alla mission di raccontare il cibo insieme.
Con questo spirito partecipo al contest fotografico “Il pane nell’arte”, anche se non ho la stoffa del fotografo, ma il pane non mi lascia indifferente, perché è l’alimento cardine in tutte le culture e la sua storia è infinita, si perde nella notte dei tempi.
Traggo da un romanzo sociale degli anni ’70 un interrogativo che faccio mio…
La farina! Masa sapeva bene quel che è la farina e quanto le costasse; la farina che le si attaccava alle dita, chiusa nella madia con un rispetto quasi fanatico. (…) La farina era lei stessa e tutta la sua famiglia. E Giacco diceva: –Non siamo fatti di pane anche noi?1
Selezione di opere tra cui scegliere:
1- La Lattaia di Verneer (olio su tela 1658-1660).
2- Cestino di Pane di Dalì (olio su tavola 1945).
3- Achrome, 1962 c., panini e caolino, 31 × 31 cm di Piero Manzoni
4- Il pane e le uova di Cézanne (olio su tela 1865).
5- Bread in Hands, collezione “Il pane della Misericordia” di Safet Zec (tempera su tela 2016)
6- Ragazzo con cesta di pane e dolciumi di Evaristo Baschenis (olio su tela 1655-65)
Ai fini del contest scelgo di rappresentare un particolare dell’opera di Piero Manzoni, Achrome, 1962 c., panini e caolino, 31 × 31 cm di Piero Manzoni, che è inserita in una serie di opere note come Achromes: “Inizialmente l’Achrome è una superficie bianca di gesso o di caolino che non manifesta alcun significato, né esibisce una manipolazione della materia (…) uno spazio totale, aperto ad infiniti significati possibili, infinita riproduzione della propria realtà tautologica.”2
La scelta è caduta su quest’opera perché effettivamente non è il solito modo di rappresentare il pane, privo del suo colore naturale e con forme poco accattivanti.
E’ proprio il caso dei panini senza glutine, che preparo per mio figlio …per qualcuno il pane senza glutine non è pane. Forse avrà ragione, non è pane, è un farmaco. E’ l’unico modo che abbiamo, ad oggi, per curare questa subdola malattia autoimmune che aggredisce il suo stesso sistema immunitario, però noi lo chiamiamo pane 😉
“Non siamo fatti di pane anche noi?”
Panini all’olio senza glutine
Per 8-10 panini piccoli
200 g di mix B di farina per pane senza glutine Schär
75 g di farina di riso
200 ml di acqua
3 g di lievito di birra liofilizzato
1 cucchiaino di sale fino
20 g di olio di semi
1 tazzina d’acqua per sciogliere il lievito
farina di riso per il piano di lavoro
Lavorate qualche minuto l’impasto con tutti gli ingredienti in una planetaria, aggiungendo il lievito per ultimo e non superando i 6 minuti. Fate riposare 1 ora e 30’.
Le preparazioni senza glutine, in realtà, lievitano ben poco, perciò allungare i tempi non aiuta il processo.
Versate l’impasto appiccicaticcio su una spianatoia ben cosparsa di farina di riso e suddividerlo in otto o dieci parti uguali. Dare la forma desiderata. In questo caso arrotondata e segnata in superficie come una rosetta.
Infornare a 200 °C per 25-30 minuti.
Si ottengono dei panini molto croccanti fuori e morbidi dentro, da consumare in giornata oppure surgelare.
1 F.Tozzi, Con gli occhi chiusi, Milano 1979, pp.14-15
“Uccelli, non ci abbandonate. Abbiamo bisogno dei vostri canti per potervi rispondere. Francesco d’Assisi, che vi amava, compose un canto, il Cantico di frate Sole, più potente della morte. Anche Maldoror, a suo modo cantava. Rimbaud dice di essere uno di coloro che cantano sotto tortura. Franz Werfel, uno scrittore ebreo austriaco rifugiatosi per qualche tempo a Londra prima della Seconda guerra mondiale, ha scritto un bel romanzo intitolato Il canto di Bernadette. (…) Tu tubi nel Cantico dei Cantici, bianca apparizione celeste, ma qui, tra questi Pirenei sorvolati dagli uccelli migratori, sei cinta di azzurro … Sei l’amore, fedele, leggero, luminoso, che annuncia la pace, la fine del diluvio, la bella stagione. E che gli spiriti forti, armati della loro ragione, si divertono a spiare, scacciare, uccidere.”
(Tratto da Alina Reyes, La ragazza e la Vergine.)
Buona Pasqua 2020
Ingredienti
250 g di mix senza glutine Shar
2 tuorli
2 albumi
125 g di zucchero semolato
150 ml di latte
un pizzico di sale
80 g di burro fuso
uvetta sultanina qb
mandorle pelate facoltativo
16 g di lievito in polvere
Steps
Montate gli albumi a neve con un pizzico di sale fino ed un frullino elettrico,conservateli in frigorifero. Lavorate i tuorli con lo zucchero, ottenendo un composto molto cremoso. Aggiungete il burro fuso a bagnomaria e metà del latte.
Unite la farina poco alla volta e versate il latte rimanente continuando sempre a lavorare col frullino. Aggiungete il lievito in polvere e l’uvetta sultanina, una buona manciata. Se avete delle mandorle potete aggiungerle adesso.
Prendete gli albumi montati precedentemente e inglobateli delicatamente nell’impasto, con movimenti dall’alto verso il basso, aiutandovi con una spatola.
Nel frattempo, preriscaldate il forno a 160°C statico. Preparate gli stampi di carta da 100 g ciascuno disposti su una teglia. Io ne ho riempiti 4. Versate l’impasto, suddividendolo più o meno equamente in ciascuno stampo e livellate con una spatola.
Infornate per 20-30 minuti. Servite con zucchero a velo.
Dove vivo io, c’è spesso sole e bel tempo. Un paesaggio colorato di rosso e macchiato del verde degli ulivi. La macchia, quella mediterranea, è molto ben rappresentata a queste latitudini, anzi penso di essere nel cuore di quello che è definito “salento”, un termine abusato, quasi sporcato da interessi che poco hanno da spartire con la sincerità di questa terra.
D’altro canto, valori come sincerità, amicizia, solidarietà e onestà, perdono sempre più terreno nel mondo odierno, lasciando il posto a tutt’altro. Lungi dal voler sembrare catastrofica, oggi vi parlo di ciò che, a tavola, esprime l’esatto opposto: un confortante e onesto piatto di PASTA ben mantecato, italiano fin nel midollo, terapeutico per noi…..
gli spaghettisenza glutine “cacio e pepe“,ricetta italianissima nelle classifiche e romana nell’essenza. Un piatto apparentemente semplice nell’esecuzione, che in realtà può mettere in seria discussione la bravura di qualsiasi chef.
Parliamo dell’ abc della cucina italiana, una cucina fatta di regioni che si parlano, contaminandosi l’un l’altra pur rimanendo rispettose delle loro singole identità. Un piatto in cui il pecorino romano stagionato almeno dodici mesi farà la differenza!
Il pepe tra i migliori che potrete reperire e macinare al momento. Il resto, e molto altro ancora, ce lo ha spiegato Greta,con una generosità disarmante, nelle dispense sulla cottura e mantecatura della pasta-cioè la lesson number two dell’MTC- i trucchetti e le “mosse” giuste per far gustare una pasta degna di questo nome, anche senza glutine! A seguire, per i pastaioli sugo – “addicted”, troverete un piatto di sedanini di riso e mais al ragù di cinghiale, insomma, avete materiale tra cui scegliere, oppure fate entrambi!
Cacio e pepe di Greta De Meo
Ingredienti: per 4 persone
Attrezzatura:
una pentola capiente per bollire la pasta
Una padella per mantecare
Una bastardella d’acciaio
Una pinza
Una frusta
400 g di spaghetti (per me n. 5 Barilla senza glutine)
120 g di pecorino stagionato grattugiato fino
Pepe nero
Lessate la pasta in abbondante acqua poco salata. Mentre la pasta cuoce sciogliete il formaggio in una ciotola aiutandovi con una frusta, aggiungendo poca acqua per volta, fino ad ottenere una crema, tenete in caldo.
Tirate su la pasta 3 minuti prima del punto di dente e continuate la cottura nella padella con un filo d’olio, il pepe e abbastanza acqua per permettere la cottura. Fate riprendere calore sempre mescolando e agitando la pasta nell padella così da creare un’emulsione tra amidi e grasso, continuate fino ad arrivare a cottura. Fuori dal fuoco e lontano dal fornello caldo aggiungete velocemente la crema di pecorino, saltate la pasta velocemente e servite fumante, la cacio e pepe non può aspettare. Aggiungete un altro pizzico di pepe sul piatto prima di servire
Per il ragù di cinghiale ho seguito le indicazioni qui, partendo da cinghiale da caccia.
POTLUCKS RECIPE non è uno sciogli lingua, ma una goduriosa raccolta di ricette nate per quelle occasioni in cui <<sei invitato ma porta qualcosa anche tu>> e chi di voi non ha mai ricevuto di simili inviti non è di questo mondo. Per quanto mi riguarda non solo mi capita, ma spesso devo arrovellarmi il cervello e trovare qualcosa di “originale-buono-gustoso-glutenfree-veloce” che solo a dirlo passa la voglia..e invece no. Questa ricetta è stata amore a prima vista, una caduta da cavallo alla San Paolo….
Insomma, fatti e mangiati. Volete provare anche voi? E se gli antipasti non sono ciò che cercavate, prego accomodatevi sulla pagina del Club del 27perché vi attendono una carrellata di ricette tratte tutte da questo libro di Miss Ali Rosen, per tutti i gusti, le esigenze e con annessi consigli sul trasporto.
Questo fantastico banner è opera della mitica Mai Esteve del blog Il colore della curcuma
SALMON CUCUMBERS
Ingredienti per 15/20 dischetti di cetriolo
1 cucchiaio di olio d’oliva
2 cucchiai di scalogno affettato
225 g di filetto di salmone fresco
1 cetriolo Inglese grande (per me un carosello pugliese)
Sale ql
60 ml di maionese
1 ml di salsa piccante (suggerita Frank’s RedHot)
30 g di capperi
ciuffi di erba cipollina tritata per guarnire
Pepe nero fresco per insaporire
Scaldare una padella a fuoco vivace. Aggiungere l’olio d’oliva e lo scalogno e cuocere 3 minuti. Spostare lo scalogno su un lato e aggiungere il salmone e cuocere 4 minuti. Rivoltare e cuocere almeno altri 2 minuti, ma non più di 4, dipende dallo spessore del salmone e dal vostro gusto. Rimuovere dal fuoco e far raffreddare.
Tagliare dei dischetti di cetriolo alti meno di 1 cm: devono essere spessi abbastanza da reggere il ripieno sopra, ma non troppo spessi tanto da prevalere. In una ciotola mescolare il sale con la maionese, la salsina piccante, e i capperi. Schiacciare il salmone in piccoli pezzi e versarli nella ciotola. Mescolare bene. Spalmare il composto al salmone sul dischetto di cetriolo, decorando con erba cipollina e pepe.
Come portarli
Si possono conservare in frigo su un vassoio (e poi in un sacchetto di plastica per non farli rinsecchire)se preparati in anticipo, ma la soluzione migliore è quella di assemblarli sul posto, a patto di esser sicuri di avere tempo e spazio per farlo, a vostra disposizione.
Spremi e spremi, dovendo un po’ stravolgere e ricostruire la prima proposta, mi sono appellata alla santa patrona delle patate fritte, nonché mia santa preferita, che, lo sento, mi tiene sotto la sua ala protettrice, Teresa la Grande (cioè Teresa d’Avila). Si. Spagnola pure lei. Anche perché di una “quota rosa” c’era bisogno, vista la piega maschile che la gara stava assumendo, con San Giorgio che scorrazza dappertutto al galoppo del suo cavallo, salvando donzelle di qua e di là.
In realtà, mi piacerebbe approfondirlo un discorso sulla mistica del piatto, solo che ancora un modo non l’ho trovato, perciò gustatevi questa ricetta e quel che sarà, sarà…
Quasi una crême brûlée di caprino
Occorrente:
un colino cinese
una padella
cocotte
ciotola con acqua per bagnomaria
Ingredienti per la crême
3 tuorli
30 g di caprino
200 ml di latte
sale qb
pepe nero ql
Altri ingredienti per completare il piatto
patate
albumi avanzati
3g di inulina
1 cucchiaino di tapioca
sale qb
foglioline di mentuccia a julienne
olio per friggere
1 cetriolo
buccia grattugiata di arancia e qualche spicchio
olio e aceto
erba cipollina
Iniziate con le uova, separando i tuorli dagli albumi e mettendo questi ultimi da parte. Salate gli i tuorli, versateci sopra il latte bollente. Di seguito, aggiungete il caprino grattugiato e mescolate bene per farlo sciogliere. A questo punto, filtrate tutto con un colino cinese, versate in due cocotte (io ne ho utilizzata una più grande) e disponete in un’altra terrina da forno piena d’acqua. Infornate a 180 °C e cuocete a bagnomaria per almeno 20 minuti, o fino a quando, muovendo la cocotte, non noterete che la crema si è addensata.
A parte, montate gli albumi con il sale, l’inulina e le foglioline di mentuccia tagliate a julienne. Aggiungete la farina di tapioca, continuando a montare. Scaldate una padella piccola antiaderente e fate friggere la frittata di albumi su entrambi i lati pochi minuti. Succesivamente effettuate dei ritagli trinagolari e tenete da parte.
Tagliate a concassè il cetriolo pugliese, grattugiate la buccia d’arancia e ritagliate qualche spicchio. Condite la macedonia con olio, aceto e sale.
In un’altra padella, portate a temperatura dell’olio di semi vari. Nel frattempo pelate e affettate le patate, lasciandole in ammollo. Successivamente, togliete l’acqua, fate asciugare su carta da cucina e friggetele, ottenendo un colore ben dorato (se vi piace, date la forma delle patate della busta, come ho fatto io).
Per comporre il piatto, usate la fantasia, la cosa importante, nel mio casa è stata la presenza di tutti gli elementi utilizzati nella tortilla classica, in maniera tale che mangiando la crême utilizzando le patate fritte al posto delle stoviglie, si apprezzasse ad ogni boccone la tortilla al caprino.
La macedonia è solo d’accompagnamento (e anche un escamotage per tappare un buco provocato da assaggio non autorizzato!!)
Il progetto del Calendario Italiano mi sta davvero a cuore e mi spiace non poter contribuire più spesso di così. Oggi si celebra la Giornata Nazionale delle Zeppole di San Giuseppe e per la sottoscritta è arrivato il momento di cimentarsi con queste meraviglie di pasticceria, con tutte le difficoltà del caso. Veramente, prima di lasciarvi la ricetta delle mie zeppoline senza glutine, non posso ignorare la figura di San Giuseppe, a cui sono abbinate. E per la verità, poche sono le informazioni su questo Santo, venerato come “Sposo di Maria” ma è pure la persona che si è curata della crescita di Gesù. Ora, senza addentrarmi in argomenti dottrinali, da cui poi non usciremmo più, vi dico solo che quest’uomo deve esser stato un grande papà. Non a parole, ma con i fatti. Nessuna frase gli è attribuita nei Vangeli, gli è dato solo un mestiere, quello di falegname, appunto concreto..mani che plasmano il legno. Sappiamo che è stato anche un “profugo”, in Egitto. Sappiamo che apparteneva alla dinastia dei Re. Sappiamo tante cose. Tutte informazioni utili per accettarlo come amico, compagno di strada. O anche no. Nessun obbligo. Ecco, se dovessi scegliere di sintetizzarne l’insegnamento, lo farei con le parole di don Tonino:-Non basta mettere in vita, bisogna mettere in luce.-
Credo sia ciò che ha fatto San Giuseppe con Gesù. Adesso però tengo fede alla mia promessa e vi presento le mie zeppoline.
Ingredienti
200 ml di acqua
180 ml di farina di riso integrale
sale
1 noce di burro
1 uovo
buccia di limone grattugiata
crema pasticcera bianca e nera (al cioccolato fondente)
Se è difficoltoso preparare dolci senza glutine, l’impasto choux lo è ancora di più perché cotto due volte. Ma provarci può dare grandi soddisfazioni. Il consiglio è quello di lavorare a piccole dosi e per difetto di liquidi. Per questo motivo, non prendete le mie quantità per definitive, ma lavorate passo dopo passo e se necessario modificatele a vostro comodo.
Iniziamo. Portate l’acqua a bollore col burro e salate. Versate la farina a pioggia e mescolate fin quando non si sia rappresa. (Potrebbe occorrerne più del previsto). Togliete dal fuoco e fate raffreddare bene. Su una spianatoia continuate la lavorazione, a impasto freddo, aggiungendo l’uovo e la buccia di limone grattugiata. (le uova, se più di uno, vanno aggiunte una alla volta). Aiutatevi con della carta da forno (questi impasti sono particolarmente appiccicosi).
Lavorate piccoli pezzi dello spessore di un dito e lunghi da 10-15 cm e arrotolateli su se stessi.Friggete le zeppoline e successivamente decoratele con della crema pasticcera. Si possono spolverare di zucchero prima della decorazione.
Questa 71ma sfida è una delle più ghiotte che io ricordi -almeno tra le ultime quaranta edizioni di MTC ed è tutto merito di Valeria del blog Murzillo Saporitoche finalmente si attesta come vincitrice della scorsa edizione e propone l’allestimento di un Afternoon Tea in piena regola. Per la sottoscritta, sarà anche l’ennesima sfida nella sfida, dovendo pasticciare senza l’ausilio del glutine, ma volendo comunque realizzare cose belle e appetitose.
Questa proposta è stata anche l’occasione per fare una piacevolissima “passeggiata” nella storia di questo popolo così devoto alla Corona e con uno stile tutto suo, inimitabile come i cappellini color pastello della sua Sovrana.
Quello che so degli Inglesi lo devo alla mia insegnante di Lingue del Liceo, ad Agatha Christie ed al cinema d’animazione. Si, proprio così. Vi lascio un assaggio con una scena simpaticissima de The GGG visto insieme alla mia piccola peste e se non fosse per lui, quante occasioni avrei già perso in questa vita!
Ora prepariamo un Afternoon Tea.
Il tè
Ho scelto del buon tè nero di Ceylon in foglie, la varietà di tè che usiamo di più in casa nostra e che è denominata “Orange” in onore di una famosa Dinastia Reale Olandese degli Orange-Nassau e che nulla ha a che fare con gli Agrumi!!
Gusto robusto e rotondo, dal vero sapore di tè!
L’acqua per preparare questo tè deve essere almeno a 95°C e l’infusione piuttosto breve tra 3 e 4 minuti. Avendo notato la schiumetta dopo aver utilizzato acqua di rubinetto, questa volta ho optato per un’acqua minerale con un residuo fisso inferiore e consiglio lo stesso a voi, per non rovinare un tè di qualità.
Questo tè è classificato nella categoria “Pekoe” in quanto ottenuto solo dalle ultime due foglie e dalla gemma apicale della pianta, Camellia sinensis (L.) Kuntze.
Mi sono innamorata a prima vista delle Strawberry shortcake di Regula Ysewijn e dei suoi Cornish Splits ed è questo il motivo per cui li ripropongo in versione, purtroppo, gluten free per la sfida MTC71.
Iniziamo dai Cornish Splits, anche se onestamente non conoscendo a fondo la cultura gastronomica degli Inglesi, temo di aver fatto un po’ di confusione scegliendo una preparazione del Devon che geograficamente e storicamente si colloca in una tradizione differente. Ad ogni modo, è sbagliando che si impara e, semmai, potrò partecipare con un’altra ricetta. Valeria abbi pazienza 😉 Tutta colpa di mio marito che sta gufando parecchio, uffa.
Ingredienti
6 g di lievito di birra secco
10 g di zucchero di canna
100 ml di latte
100 g di burro
200 g di farina senza glutine per pane e focacce
un pizzico di sale
Preparare il lievitino unendo lievito, zucchero e un po’ di latte tiepido. Lavorare il burro a temperatura ambiente, aggiungere la farina, il sale e una parte di latte. Aggiungere il lievitino. Aggiungere il latte rimasto, impastando su una spianatoia. Il tempo suggerito è di dieci minuti per farine comuni. Quelle senza glutine possono esser lavorate per meno tempo. Aspettare che l’impasto raddoppi almeno per 45 minuti, ma senza glutine il raddoppio non verrà raggiunto. Riprendere l’impasto e lavorarlo in lunghezza, in modo da creare piccoli pezzi tutti uguali che saranno poi arrotondati. Disporli su una teglia foderata con della carta da forno, mantenendoli un po’ distanti. Con queste dosi si ottengono 8-10 panini.
Preriscaldare il forno a 220°C e cuocerli per 20 minuti. Si possono conservare per pochi giorni e prima di consumarli è preferibile scaldarli nuovamente.
Per farcirli bisignerebbe usare clottered cream. Per adattarli ad un afternoon tea ho optato per del semplice burro spalmato sopra una confettura di frutti di bosco (fragole, lamponi, ribes e mirtilli).
***
Nel libro The good Huswifes Handmaide for the Kitchin (1594-1597) è riportato forse per la prima volta il termine “short cake”, ma il cattivo stato di conservazione di questo antico ricettario non permette una disamina completa dell’argomento.
Take wheate flower, of the fayrest ye can get, and put it in an earthern pot, and stop it close, and set it in an Ouen and bake it, and when it is baken, it will be full of clods, and therefore ye must searse it through a search: the flower will haue as long baking as a pastie of Uenison. When you haue done this, take clowted Creame, or els sweet Butter, but Creame is better, then take Sugar, Cloues, Mace, and Saffron, and the yolke of an Egge for one doozen of Cakes one yolke is ynough: then put all these foresaid things together into the cream, & temper them al together, then put them to your flower and so make your Cakes, your paste wil be very short, therefore yee must make your Cakes very litle: when yee bake your cakes, yee must bake them vpon papers, after the drawing of a batch of bread. (dal blog di missfoodwise)
Anche Shakespeare ne parla in “Le allegre comari di Windsor” del 1602 a dimostrazione del fatto che il popolo Inglese ama queste preparazioni da tempo immemore.
Inoltre, in epoca medioevale si attribuiva alle fragole un potere afrodisiaco tanto che venivano consumate tal quali senza alcun accompagnamento.
“Short” era utilizzato con il significato di “crumbly” dal termine inglese desueto “cruma” utilizzato nel 15th secolo in conseguenza di un maggior utilizzo di materia grassa nella farina o “shortening” al fine di ottenere una short texture, appunto.
La ricetta originale usa del farro integrale, purtroppo ho dovuto ripiegare sul sorgo, che mi permette di lavorare senza glutine e per renderlo farro-like l’ho colorito con un pizzico di cacao amaro utilizzato solo per colorare.
Strawberry Sorghum Shortcake
125 g di burro freddo
100 g di farina di sorgo
50 g di farina di riso integrale
50 g di zucchero di canna
½ uovo
estratto di vaniglia
un pizzico di sale
mezzo cucchiaino di cacao amaro in polvere
Per farcire
300 g di fragole
100 ml di panna da montare
zucchero per la panna, facoltativo
Procedimento
Lavorare la farina ed il burro fino ad ottenere un impasto a briciole. Aggiungere zucchero, sale,cacao, vaniglia e un po’ d’uovo già battuto, lavorando l’impasto fino a farlo diventare liscio e morbido. Stendere su un piano di lavoro pulito, assottigliandolo il più possibile spolverando con della farina di riso. L’ideale sarebbe fino a mezzo centimetro di spessore, ma essendo senza glutine, si romperebbe in cottura, perciò il mio è quasi alto 1 cm. Ricavare almeno 4-6 cerchi da 8 cm di diametro. Trasferirli in frigo e lasciarli riposare per almeno 30 minuti. Preriscaldare il forno a 175°C. Trasferire i cerchi sulla placca foderata con carta da forno e cuocere 20-25 minuti fino a quando saranno dorati. Sfornare e mettere a raffreddare all’aria. Intanto tagliare a metà o in quarti alcune delle fragole e tenerne altre intere per decorare. Montate la panna insieme con dello zucchero a velo, se preferite. Quando le shortcakes saranno raffreddate del tutto, iniziate a comporre le porzioni coprendo il primo biscotto con le fragole in pezzi, su cui adagerete il secondo biscotto, che andrà ricoperto di panna.*
*Per provare a rimanere in gara, ho preparato le mie shortcakes mettendo la panna montata tra i due strati come suggerito nel regolamento. Ma l’effetto scenografico della panna decorativa è imbattibile, perciò in qualche foto troverete pure quelle 😉
Aggiungete le fragole intere per decorare e servite.
Ps: La tovaglietta é un ricamo su lino blu eseguito da mia mamma 50 anni fa (ci tenevo a dirlo).
Come raccomandava il buon Artusi, “i conti devono esser brevi e le tagliatelle lunghe”!!! E’ l’unica raccomandazione che mi frullava in testa mentre mi cimentavo con le mie prime tagliatelle gluten free. Avrei preferito proporvele di farina di castagne, ma non ne ho trovata e ho optato per quella di sorgo. In fin dei conti ciò che mi importava era che fossero senza glutine, così da poterle proporle a tavola. Sono ancora da perfezionare, c’è da lavorare su lunghezze e spessori, ma erano di un buono che son finite pure queste. Grazie al Calendario del Cibo Italiano ho occasione di cimentarmi in tanti piatti della tradizione Italiana e, facendo di necessità virtù, provo ad imparare a manovrare farine non del tutto domabili, anche se questo cereale mi ha dato belle soddisfazioni in fatto di tenuta in cottura e sapore. Per la Giornata Nazionale delle Tagliatelle ecco la mia ricetta:
Per una porzione
80 g di farina di sorgo
20 g di farina di risoi ntegrale
1 uovo
1 pizzico di noce moscata
Condimento
1 carota
60 g di pancetta dolce (o cotto) a dadini
1/2 cipollotto
1 noce di burro
Unire le farine in un robot, aggiungere la noce moscata e l’uovo intero e impastare a media velocità. Trasferire il panetto morbido su una spianatoia e appiattirlo con un mattarello utilizzando dei fogli di carta forno. Tenere da parte un po’ di farina perché sicuramente occorrerà aggiungerne una spolverata. Cercare di stendere la sfoglia quanto più sottilmente, anche se è consigliabile mantenere uno spessore di sicurezza per evitare rotture in cottura. Ritagliare e tenere all’aria per essiccare almeno tre quarti d’ora.
Portare a bollore una buona quantità d’acqua già salata e nel frattempo preparare un battuto di carote e cipollotto. Buttare le tagliatelle in pentola e cuocere almeno otto minuti, controllando che non si rompano e mescolando delicatamente di tanto in tanto.
Far andare una noce di burro in una pentola antiaderente, con pancetta e battuto di carote, coprire e far cuocere. Aggiungere acqua o brodo se necessario.
Scolare la pasta e mantecare in pentola con l’aggiunta del condimento.